6 canzoni di attiviste

da Akua Naru, The world is listening

Meshell Ndegeocello

Bassista, cantante, attivista per i diritti di donne e diversity da una ventina d’anni. Dichiaratamente queer, di recente ha detto al New York Times che in quanto persona di colore, ogni giorno che passa equivale a una riaffermazione della propria identità. Da uno spettacolo teatrale del 2016 ha creato un sito web, The Gospel of James Baldwin, dedicato all’autore afroamericano, una specie di tool kit contenente testi, musica e materiale visuale con lo scopo di ispirare e sostenere chi si batte per la giustizia. Il suo album Bitter del 1999 è una pietra miliare (il pezzo Faithfull è stato inserito nella colonna sonora della serie Netflix di Spike Lee She’s Got have It).

Akua Naru

Cresciuta nel Connecticut, ora stabile in Europa ma sempre nomade dentro. È una delle voci più potenti della diaspora africana negli Stati Uniti e porta in giro per le università del mondo i suoi studi, soprattutto legati all’universo femminile (focus del suo ultimo album The Blackest Joy, del 2018). Hip hop e jazz sono la sua cifra ma si muove agilmente nel solco della tradizione di soul, slam poetry e ritmica afro. Ha creato The Keeper Project, un archivio multimediale sul ruolo delle donne nere nella nascita ed evoluzione della cultura hip hop.

Helin Bölek

Attivista e cantante turca di origine curda, parte del gruppo folk Grup Yorum. È morta nell’aprile del 2020, a soli 28 anni, dopo 288 giorni di sciopero della fame iniziato per denunciare la persecuzione politica in Turchia e il veto posto dal governo sui concerti del gruppo, accusato di appartenere a un’organizzazione terroristica. In 35 anni di attività, Grup Yourum sono stati la voce della canzone di protesta della sinistra del paese, cantando in curdo, turco, arabo e circasso, lingue parlate in Anatolia.

Awkwafina

All’anagrafe Nora Lum, è una rapper e attrice statunitense di padre cinese e madre sudcoreana. Ha vinto un Golden Globe per il ruolo da protagonista del film del 2019 Farewell, di Lulu Wang. Nel 2016 è stata una delle quattro figure di rapper al centro del documentario Bad Rap, un’indagine sull’hip hop di origine asiatica negli Stati Uniti. La battaglia per aggiudicarsi uno spazio del rap mainstream americano di Awkwafina si muove su un doppio fronte: come donna e di origine asiatica.

Ana Tijoux

Classe 1977, come recita la canzone omonima che l’ha resa nota. È nata in Francia da genitori cileni esuli dopo il colpo di Stato del 1973 e con il suo rap porta avanti da sempre la lotta contro dittature politiche ed economiche. Il singolo del 2020, Antifadance, ribadisce a piena voce la resistenza attraverso l’arte: Ante el autoritarismo, la imposición, la discriminación, el odio implacable al otro, volvemos a retomar con toda su fuerza la palabra Arte.

Fatoumata Diawara

Per tutti è solamente Fatou, lo dice anche il suo album di debutto. Nata negli anni ’80 in Costa d’Avorio in una famiglia maliana, a soli 15 anni viene notata da un regista francese e diventa attrice di cinema e teatro. Sfugge a un matrimonio combinato e si ferma in Francia dove impara a suonare la chitarra. In Europa sente un po’ di libertà sulla pelle ma compone canzoni in lingua bambara per non dimenticare le sue radici e testimoniare violenze e abusi praticati sulle donne in tante zone dell’Africa, come la mutilazione genitale femminile cantata in Boloko.