A pesca con John

Nelle mie wish list non manca mai un uomo che mi faccia ridere. Ma cosa succede se ne arriva uno simpatico con l’alito pesante o i denti ingialliti o che porta i mocassini senza calze? Una risata potrà seppellire la mancata corrispondenza a certi canoni estetici? Mi prendo del tempo per pensarci.


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Nel frattempo mi concentro su un caso che non pone di fronte ad alcun genere di domande perché è tutto confezionato come neanche avevamo osato chiedere nella lettera dei desideri. Nell’ultima settimana ho fatto una scorpacciata di John Lurie, artista poliedrico e fico epocale. Musicista, attore, regista, pittore, che in ogni cosa con cui si è cimentato ha riempito di verve il raggio d’azione. Credo che se glielo chiedessi saprebbe improvvisare le polpette di mia nonna.
Tra le sue prove d’attore ce n’è una particolarmente calzante, come il sugo su quelle polpette. Nel primo lungometraggio di Jim Jarmusch datato 1984, Stranger than Paradise, John ha il ruolo di un hipster di origini ungheresi trapiantato a New York, dove vive di espedienti con l’amico Eddie (interpretato da Richard Edson allora fresco di una breve militanza come batterista dei Sonic Youth). La trama del film è ridotta all’osso, cioè in pratica non succede nulla. I protagonisti guardano la tv e fumano Chesterfield. L’alienazione. Si indagava il nulla e così facendo si indagava tutto, parafrasando più o meno Jarmusch.
In quel vuoto pneumatico Lurie ha l’aria stralunata di uno che passava di lì e al tempo stesso è imponente come un totem che sprigiona afflato divino da tutti i pori. C’è qualcosa di magico nel film. Non a caso nella colonna sonora, firmata da Lurie, il vero tormentone è I put a spell on you di Screamin’ Jay Hawkins.


Da quella prova in poi sono passati altri film di riferimento generazionale (Down by law, Paris Texas, Cuore selvaggio, Smoke) e altrettanta musica. Una decina di album con il suo gruppo di jazzisti punk Lounge Lizards   con Arto Linsday alla chitarra – e svariati lavori da solo, molti per colonne sonore degne di nota, con una nomination Grammy per quella di Get Shorty.


Poi ho scoperto che John ha anche provato a fare il pescatore. Ora, io sono vegetariana ma come si dice, stai a guardà il capello. Ho dei dubbi che questa cosa dei pesci gli sia riuscita ma nella stagione 1991-1992 ne ha approfittato per dirigere Fishing with John, una serie tv che invece è andata alla grande ed è diventata di culto negli Stati Uniti. Sei episodi di surreale docu-fiction in cui John se ne va a pesca dalla Tailandia alla Costa Rica in compagnia di amici celebri: Jim Jarmusch, Willem Defoe, Matt Dillon, Tom Waits, Dennis Hopper. Come si direbbe nella Genesi, vacche grasse.
Life is so beautiful. Every breath, everyday of our lives… ahhh fishing! chiosa la voce narrante fuori campo di Robb Webb, superba trovata umoristica. John e i suoi compari appaiono proprio scemi, e sappiamo che un po’ ci fanno ma un po’ ci sono. A momenti sembrano impacciati, fanno sorridere mentre si muovono sulla narrazione infarcita di citazioni nonsense, paradossi e drammatizzazioni epiche. Personalmente ho una preferenza per l’episodio nel Maine con Willem Defoe.
La cosa che davvero mi piace di questa serie, però, è la lentezza. I tempi comici sono lontani dallo stereotipo della serie comica tutta gag e risate fuori campo. Siamo cullati dalla bassa marea (si pesca con la bassa marea?), si osserva e si aspetta come pescatori. Il ritmo assomiglia a quello dei brani di The Invention of Animals della John Lurie National Orchestra, che sono stati pubblicati solo due anni fa ma che costituiscono materiale registrato a suo tempo proprio per Fishing with John.

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Da una decina di anni John Lurie si sta dedicando prevalentemente alla pittura. Lo scorso novembre ha portato i suoi lavori in Italia per la prima volta, con una mostra intitolata Home is not a place. It is something else che sfortunatamente non ho fatto in tempo a vedere. Posso dire però che mi convince il titolo, lo trovo perfetto per un outsider come lui. E aggiungendo una delle cose più banali che abbia detto nell’ultima mezz’ora, amo questi uomini divertenti, che hanno quel modo di farti ridere e capaci di fare quelle polpette.