
Nick Cave, La morte di Bunny Munro, 2009
Brighton. Bunny Munro, rappresentante porta a porta di cosmetici della ditta Eternity Enterprise, si mette in viaggio per l’ennesima volta sulla sua Punto gialla. Stavolta, però, non è il solito tran tran perché sua moglie si è appena suicidata. A fargli compagnia nel viaggio c’è il piccolo Bunny Junior, strappato alla scuola e a una parvenza di vita ordinaria, anche se in realtà la famiglia Munro proprio regolare non è mai stata. Bunny-il-mago-della-crema-mani-ristrutturante è un uomo di mezza età che porta il ciuffo impomatato e gli slip maculati e soprattutto è ninfomane con una invalidante ossessione per la cantante Avril Lavigne (“È quasi sicuro che Avril Lavigne possieda il Walhalla di tutte le vagine” ma grazie alla sua sconfinata e audace immaginazione, con un cuscino in faccia vanno più o meno bene tutte). Nonostante le anomalie della sua famiglia, l’innocenza di Bunny Junior è compromessa ma non perduta. Ammira il padre quantomeno per la sua unicità e lo ascolta sul filo di tenerezza e incredulità quando sciorina i segreti del mestiere spiegandogli che ai clienti “Devi vendergli il sogno”.
Questo libro è un pellegrinaggio intimo nel mondo delle famiglie della provincia inglese, fatto di speranze e frustrazioni di casalinghe e in genere della medio-piccola borghesia. La scrittura di Nick Cave è oscena, sensuale, prodiga di anfratti da cui farsi sedurre. È anche il racconto del duplice punto di vista di padre e figlio su una vita che sa essere brillante e cinica, generosa e crudele, che ti innalza su un piedistallo e un attimo dopo ti sbatte contro l’apocalisse.