Non vedi che lei non ci sta?

Chi l’avrebbe mai detto che nel 2016 la vita avrebbe tenuto in serbo per noi l’apericena, il momento della fusione a perdere di due concetti già belli e completi nella loro individualità: l’aperitivo prima e la cena dopo. Sarà che abbiamo fatto tutto e siamo nell’era dei post, non ci restano che nuove, raccapriccianti, combo. Ma spesso è proprio all’apericena che può essere reperibile un certo tipo di esemplare piacione moderno. Ci vuole far credere di essere stato trascinato, infatti lui ha altri mille eventi molto meglio, però, già che c’è, arraffa nachos e insalata di farro e ammicca pure alle gambe del tavolo. Intanto voi, che sul serio siete stati portati di peso in quel locale, assistete alla scena scivolando nell’evidenza: non esistono più i piacioni di una volta. E peggio ancora, non esiste più neanche il sottofondo musicale all’altezza. Passi il farro, ma sopravviverete al remix buddha bar del best of Mengoni?

Invece, quando una trentina di anni fa si faceva sul serio, e si andava in discoteca o al pianobar, il piacione alfa esisteva davvero. Si chiamava Giuseppe Chierchia, alias Pino D’Angiò, made in Pompei. Nei primi anni ottanta viene buttato sul palco in camicia sbottonata su pelo increspato e sigaretta accesa tra le dita. Ha il riccetto malandrino e canta un rap mandrillo dal titolo Ma quale idea, il cui incipit L’ho beccata in discoteca con lo sguardo da serpente / Io mi sono avvicinato lei già non capiva niente è manifesto programmatico. Cronaca di un rimorchio, in sostanza. Riassumendo: lui la aggancia in discoteca, la raggira a squalo e com’è come non è, riesce a portarsela a casa. Ma quando, ingrifatissimo, arriva al dunque, un coro greco che anticipa la tragedia imminente gli fa lo spiegone: ué Pino sveglia, lei non ci sta. Secondo noi se continui a ballare è meglio.



Anche se la serata va in bianco, il disco diventa un successo internazionale che vende ben dodici milioni di copie nel mondo. Pino è disinvolto e brillante, è uno che nelle interviste scandisce il tempo schioccando le dita, è maestro di acchiappo. A scanso di equivoci il lato B del singolo viene chiamato Lezioni d’amore. La sua fama di cantautore piacione arriva fino a Mina, per la quale qualche anno più tardi si cimenta nell’abbordo da supermercato scrivendo la canzone Ma chi è quello lì, il cui video vanta una strepitosa partecipazione di Monica Vitti. Poi, nel 2005 è il gruppo hip hop romano Flaminio Maphia a omaggiarlo reinterpretando Ma quale idea in chiave disco-romanesca, con il titolo abbreviato in Che idea.



Nonostante questi attestati di stima, forse non è ancora stato fatto abbastanza in patria per rendere merito a tanto patrimonio nostrano. Perché magari in Italia Pino non l’abbiamo capito davvero, mentre all’estero Ma quale idea è entrata a fare parte dell’olimpo delle hit funk, quando nel 2003 è stata inserita nel DVD World Tribute to the Funk, compendio enciclopedico della Sony Music. Ora però, proprio in questo 2016 che quell’esordio folgorante compie 35 anni, e che Pino ha appena pubblicato un nuovo album – Dagli Italiani a Beethoven – sarà il caso di rimediare. Più che un suggerimento è un imperativo: Balla!

Se piacete alla gente che piace

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Siete al matrimonio di Tom Cruise e Katie Holmes al Castello Orsini Odescalchi di Bracciano. Avete tirato fuori il vestito buono di vent’anni fa e ripetete due mantra: quest’apnea non potrà durare per sempre e stanno messi peggio gli sbandieratori in abiti d’epoca. Mentre pensate con soddisfazione che Jennifer Lopez sia davvero una culona (identico compiacimento per uomini e donne) iniziate a studiare il modo di proporre questo rito breve di Scientology per il matrimonio di vostra sorella. Ma ecco che sta per fare il suo ingresso il dj: Mark Ronson. Ciuffato, faccetta a metà strada tra Kennedy e Pozzi di Happy Days, lui che fa? Si inciucca, mette su il tema di Top Gun e, soprattutto, toppa completamente la playlist infilandoci una canzone tristissima che parla della fine di una relazione. Un personaggio così ti credo che lo invitano sempre. D’altronde, con una coppia di genitori famosi per le loro feste londinesi, Mark non poteva che essere un patentato piacione. A merenda con Sean Lennon e la tisana dolce sonno con la figlia di Quincy Jones.


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Tocca riconoscere però che tra una campagna pubblicitaria per Tommy Hilfiger e una per Fendi, musicalmente ci ha saputo fare. Tra le cose fatte, una veramente giusta: ha prodotto Back to Black di Amy Winehouse. Il conto delle collaborazioni illustri di Mark si fa fatica a tenere ma il mio pallino torna spesso sulla sua raccolta di cover contenuta nell’album Version del 2007. Non che sia tra le sue performance più riuscite ma la – bizzarra – scelta degli originali dà spunti avvincenti. Per esempio, sempre una buona occasione per celebrare Toxic, capolavoro pop del 2003 di Britney Spears, suo maggior successo dopo la hit d’esordio Baby One More Time. Ronson ha stravolto l’effetto fiatone dell’originale e ci ha versato su Martini e R&B. Non ne esiste una versione video ma forse è meglio così, dubito che sarebbe stata in grado di eguagliare lo stile Alias di Britney.



Version propone quest’altra singolarità: Stop Me featuring il crooner australiano Daniel Merriweather, stravolgimento di Stop me if you think you’ve heard this one before degli Smiths precedente di esattamente 20 anni. L’originale ebbe diversi problemi a causa dei riferimenti agli omicidi di massa del testo e mi viene da pensare che la cover sia incappata nella stessa sorte. A me ha fatto l’effetto di una femen vestita. La rivisitazione fa acqua da tutte le parti e il video naufraga, soprattutto se si pensa a quello degli Smiths, dove Morrissey e i suoi compari ciclisti sfoggiano giovinezza e stile abbacinanti. Prevedibilmente la cover non ha ricevuto neanche il plauso da parte dei fan della band di Manchester ma si è piazzata molto bene nelle classifiche.



Ancora in scaletta aggiungo altre due operazioni da quest’album, strane ma non disdicevoli: The Only One I Know dei Charlatans, rifatta da Robbie Williams e Pretty Green dei Jam in versione Santogold.