Musica + Libri #12 – “Gil Scott-Heron. Il Bob Dylan nero” di Antonio Bacciocchi

Antonio Bacciocchi, Gil Scott-Heron. Il Bob Dylan nero, Vololibero Edizioni, 2018

Ultimamente mi sono affezionata a un commento che ho letto sui social: Bob Dylan è il Gil Scott-Heron bianco (e non il contrario). Le storie andrebbero ribaltate per essere osservate da altri punti di vista, o almeno approfondite, per cominciare.

Questo libro breve ma efficace, un bignami deluxe di vita privata e carriera del personaggio straordinario che è stato Gil Scott-Heron, va in questa direzione. Sostenuto dalla scrittura di Antonio Bacciocchi che è limpida e riesce a essere esaustiva senza lungaggini. Tra le tante attività che porta avanti, per esempio come batterista e produttore, è al suo secondo libro su Gil Scott-Heron, entrambi pubblicati da Vololibero. Ha un blog che si chiama Tony Face ma per fortuna del blog non ha il filtro dell’ego esasperato e spesso infruttuoso di tanti autori del genere.

Gil Scott-Heron è stato un artista abissale, ha esaltato la rivoluzione civile e attraversato l’inferno dell’anima restando bloccato prima dell’uscita. È stato un intellettuale attento, che in principio ha approcciato la scrittura, esplorandone poi le sue connessioni con la musica tramite la poesia e lo spoken word. Si è mosso con disinvoltura tra jazz, blues, afro e anche nel circuito dell’elettronica, con il suo ultimo album I’m New Here pubblicato dalla XL Recordings di Richard Russell.

Questo libro è diviso in due parti, la prima prettamente biografica ma in un quadro più ampio di influenze e iniziazione politiche e culturali. La seconda è dedicata alle sue apparizioni live in Italia attraverso le testimonianze di musicisti, critici e fan, e alla sua discografia. Da leggere in condizioni ottimali, come direbbe Gil.

Musica + Libri #5 – “Aretha Franklin. La Regina del Soul” di Gabriele Antonucci

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Gabriele Antonucci, “Aretha Franklin. La Regina del Soul” , Vololibero Edizioni, 2016


È agile e incalzante questo piccolo libro sulla gigantesca Aretha Franklin, regina del soul e paladina dei diritti civili che ha rivoluzionato il mondo del gospel. Un talento unico che ha graffiato la vita con la voce, trasformando il dolore in arte, perennemente in bilico tra successi ed esaurimenti nervosi, eccessi e sopravvivenza. Gabriele Antonucci, giornalista e critico musicale, srotola una narrazione in pillole che racconta pubblico e privato in un unico intreccio di emozioni ed episodi memorabili. Nonostante talvolta il ritmo subisca un’accelerazione che comprime la successione degli eventi, il godimento della lettura è assicurato.

La carrellata biografica è serrata, sin dall’esordio sulle scene guidato dal padre, il carismatico reverendo C.L. Franklin, figura di riferimento dei movimenti di lotta per i diritti al fianco di Martin Luther King e pioniere della contaminazione tra gospel e blues. Esibendosi durante le funzioni religiose del reverendo, Aretha inizia a ricevere i primi consensi del pubblico, formato, tra gli altri, da personaggi tutt’altro che trascurabili come Ella Fitzgerald, Duke Ellington e Sam Cooke. Da allora, Aretha viene catapultata nel “music business”, passando per le più prestigiose etichette musicali e da un manager all’altro. Quando nel 1972 dà alle stampe l’album Amazing Grace, Aretha è una celebrità appena trentenne che ne ha già viste di tutti i colori. “Ciò che Kind of Blue di Miles Davis rappresentò per il jazz, Amazing Grace lo fu per il gospel.” commenta Antonucci. Le registrazioni del disco nella New Temple Baptist Missionary Church di Los Angeles sono diventate un film diretto da Sidney Pollack, un documento impressionante di uno dei momenti più brillanti della carriera di Aretha.



Tra disgrazie personali e trionfi pubblici, insicurezze e fobie, Antonucci illustra come Aretha Franklin abbia attraversato più di mezzo secolo di storia della musica sperimentando dal jazz all’r&b e arrivando a scalare, seppur con qualche malumore, le classifiche pop. Fino a una delle ultime apparizioni pubbliche, nel 2015, che riassume bene la traccia indelebile che questa artista pazzesca ha impresso nel firmamento musicale. Quando durante i Kennedy Center Honors, di fronte a un’esibizione da brividi di A Natural Woman, tra il gesto del presidente Obama di asciugarsi una lacrima e l’incontenibile entusiasmo della sala, l’etichetta di una serata istituzionale andava a farsi benedire. God bless Aretha.